SINTEMA GROMOLA
Include tutti i terreni che si depositarono sulla Piana a seguito della trasgressione testimoniata dal paleocordone costiero di Gromola (rilevabile da Pontecagnano a Capaccio Scalo) e delle connesse fasi di progradazione costiera e di aggradazione del retro-barriera. Trasgressivo sul supersintema BP già eroso e fagliato, ha una superficie-limite superiore che, ove esposta, include anche forme deposizionali poco rimodellate (dossi da cordone costiero e ripiani di aggradazione palustre ed alluvionale). Verso SW, scompare al di sotto del sintema Campolongo, le cui facies transizionali e fluviali vengono a ricoprirlo anche invadendo incisioni che lo avevano tagliato prima dell'apice trasgressivo versiliano. Nel sintema Gromola sono state distinte sei litofacies:
TIRRENIANO
Alternanze di sabbie limose, limi sabbiosi, limi torbosi, suoli idromorfi e, subordinatamente, ghiaie ricche in matrice pelitica. Marginalmente includono anche passaggi a sedimenti colluviali tessituralmente molto simili e non cartografabili separatamente. Formano riempimenti terrazzati a quote tra 12 e 17 metri entro valli di basso ordine gerarchico che avevano dissecato il supersintema BP prima della trasgressione associata al sintema GML. Lo spessore è variabile e può raggiungere alcuni metri al massimo.
Depositi per lo più sabbioso-limosi, a luoghi includenti anche clasti centimetrici, con strutture da depositi di versante a basso angolo e colore bruno-rossiccio dovuto ad antiche fasi pedogenetiche. Potenti sino a qualche metro, formano una coltre colluviale lungo il fianco esterno del paleocordone individuato dalle unità GMLg2 e GMLd. La loro formazione viene ascritta al tardo Tirreniano, ma potrebbe essere continuata anche in momenti successivi del Pleistocene superiore.
Sabbie medie e fini di duna costiera, talora irregolarmente cementate da calcite e rubefatte verso l'alto. Localmente caratterizzate da laminazioni incrociate o da concrezioni ricalcanti antichi apparati radicali, queste sabbie sono di norma spesse pochissimi metri, ma raggiungono una dozzina di metri nella zona di Capaccio Scalo, ove conservano una certa prominenza sul retrostante, coevo terrazzo di aggradazione costiera. Questa unità rappresenta probabilmente le fasi di progradazione e di iniziale regressione del ciclo sedimentario costiero rappresentato dal sintema cui appartengono.
Alternanze variabili di argille limo-sabbiose, limi torbosi, torbe e sabbie, talora ghiaiose, a matrice pelitica, ascrivibili in massima parte ad ambienti di stagno e palude costiera in base ai loro caratteri sedimentologici e paleoecologici. Litofacies in parte eteropica ed in parte sovrapposta a quella lagunare del sintema, passa verso terra alla facies b. Ha spessore variabile fino ad una quindicina di metri.
Litofacies non affiorante, composta di argille azzurre e grigie plastiche, a luoghi includenti limi torbosi. I caratteri sedimentologici e la presenza di microfaune fossili tipiche di acque mesoaline ed oligoaline la fanno attribuire ad ambienti lagunari sorretti da coevi cordoni costieri (facies "g2" e "d" del sintema). A questa unità sono riferibili anche i resti di Ippopotamo ed Elefante ritrovati da DE LORENZO e D'ERASMO (1938) presso S. Cecilia. Ha spessore variabile con valori massimi intorno alla ventina di metri.
Sabbie grossolane e sabbie ghiaiose di spiaggia, talora fossilifere e spesso irregolarmente cementate. Verso il basso e verso SW passano a sabbie medie e fini che talora recano sottili intercalazioni pelitiche. Le facies vanno da quelle del limite piattaforma-spiaggia sommersa a quelle di battigia. Potenti sino a quindici metri circa, raggiungono la quota massima di 13 m s.l.m. Misure di racemizzazione effettuate su gusci di Glycymeris suggeriscono una attribuzione ai sottostadi OIS 5.3 e 5.1.